martedì 14 giugno 2011

La centrale di Trino: tanti misteri ancora oggi non chiariti

http://www.ilmonferrato.it/Storage/Media/Documents/2011/06/09/0cab42ccfb61424fb488f00db7b15230.pdf

venerdì 10 giugno 2011

Livorno Conferenza Giorgio Ferrari 1/6/2011

http://vimeo.com/24553757


http://vimeo.com/24601806

lunedì 23 maggio 2011

Vincenzo Balzani

Vincenzo Balzani: nucleare in Italia dopo Fukushima?


http://paroleverdi.blogosfere.it/2011/04/vincenzo-balzani-nucleare-in-italia-dopo-fukushima.html

Nucleare civile, cioè militare

http://www.democraziakmzero.org/2011/04/30/nucleare-civile-cioe-militare/

di Angelo Baracca
La specie umana è l’unica in natura capace di trasformare artificialmente l’ambiente in cui vive e l’intera biosfera: ma con lo sviluppo esasperato di processi e materiali artificiali l’homo oeconomicus technologicus ha dichiarato una vera guerra alla Natura, che è destinato irrimediabilmente a perdere.

Tra tutte le tecnologie che egli ha sviluppato, quella nucleare rompe in modo più radicale con i processi naturali e gli equilibri sulla Terra: i processi che coinvolgono il nucleo atomico sono fondamentali nell’universo (le stelle), ma sono assolutamente marginali e residuali nella biosfera (la radioattività naturale), e non ne modificano in modo apprezzabile la struttura e l’evoluzione. Poiché le energie racchiuse nei nuclei sono milioni di volte più grandi delle energie di tipo chimico (cosa che motivò le ricerche per la bomba atomica), è inevitabile che i prodotti artificiali di questi processi non possano essere disattivati dai processi naturali sulla Terra. L’energia nucleare attualizza il mito del “Fuoco di Prometeo” sottratto agli Dei, strappato alla natura.

Il battesimo dell’energia nucleare, il suo peccato originale, fu militare, gli eccidi di Hiroshima e Nagasaki del 1945 (il primo reattore nucleare del 1942, chiamato impropriamente “Pila di Fermi”, non era concepito per produrre energia, ma il plutonio per la bomba): Oppenheimer disse: “La Fisica ha conosciuto il peccato”.

La vocazione distruttiva dell’energia nucleare si riflette nel suo intrinseco dual-use, l’impossibilità di separare usi “civili” e militari. Tutti i paesi che hanno realizzato la bomba sono passati attraverso la costruzione di reattori nucleari. Le strade per arrivare alla bomba sono due: l’arricchimento dell’uranio (per cui l’Iran è sotto accusa, ma non lo è il Brasile che ha realizzato il processo che si contesta a Teheran senza avere subito nessuna critica), e l’estrazione del plutonio dal ritrattamento del combustibile esaurito (la strada seguita da Israele, India, per ultima Nord Corea). Se davvero si realizzassero i sogni di rilancio del nucleare civile e la sua diffusione in molti paesi, i rischi di proliferazione militare aumenterebbero in modo incontrollabile.

Tutta la storia successiva di questa tecnologia conferma la subalternità degli sviluppi civili a quelli militari (anche se l’opinione pubblica viene distratta dalla questione dei primi, occultando i secondi).

La tecnologia nucleare “civile” fu un derivato delle applicazioni militari, poiché i modelli dei reattori di potenza commerciali derivano dai reattori concepiti per la propulsione dei sommergibili nucleari. Il nucleare militare ha avuto un enorme sviluppo: sono state fabbricate ben 130.000 testate nucleari, alle quali bisogna aggiungere il gigantesco complesso di vettori e lanciatori (missili balistici e da crociera, sommergibili, bombardieri, ecc.), sistemi satellitari, d’allarme, controllo, ecc.

Di contro, il nucleare “civile” deve essere considerato un colossale fallimento: si prevedeva di costruire migliaia di reattori, mentre ne sono state costruite poche centinaia (circa 440 oggi operativi, più qualche centinaio di piccoli reattori di ricerca), che coprono appena il 2% dei consumi totali di energia nel mondo! È difficile sostenere che il 2% dei consumi energetici mondiali non possa venire sostituito senza nessun problema, anche se è distribuito in modo molto disuniforme: la Francia produce l’80% dell’energia elettrica dal nucleare, e la sostituzione creerà grossi problemi (ma l’industria nucleare francese, statale, rischia il tracollo); però la Germania dopo Fukushima chiude 7 delle sue 17 centrali senza traumi, ed è molto probabile che nel futuro le chiuderà tutte.

Sorge inevitabile e legittima la domanda: perché allora il nucleare “civile” non è stato chiuso da tempo? In effetti negli Usa dopo l’incidente di Harrisburg del 1979 per 30 anni l’industria elettrica privata non ha più ordinato una nuova centrale nucleare, ed ha annullato moltissimi ordinativi. Gli interessi economici miliardari dell’energia nucleare corrompono i governi (segretamente allettati a volte dall’accesso a questa tecnologia, che apre comunque la strada alla bomba).

Il nucleare “civile” si sostiene solo per l’«esternalizzazione» dei costi e delle perdite, di cui si fanno carico i governi, cioè i contribuenti! Incentivi, sovvenzioni, garanzie sui capitali investiti, limitazione delle responsabilità per i danni di incidenti (il governo giapponese sta studiando il modo di “alleggerire” Tepco dall’onere economico dei risarcimenti di decine o centinaia di miliardi), controlli sanitari, assunzione dei costi per la gestione e i depositi delle scorie radioattive, costi scaricati e nascosti nei programmi militari (in Francia non vi è separazione netta tra attività civili e militari nei bilanci, personale, impianti, materiali, amministrazione, ciclo del combustibile: l’utente francese paga meno di noi l’elettricità in bolletta, ma sicuramente la paga molto di più, con gabelle mascherate nelle imposte per le spese militari nucleari), ecc. Nessun’altra industria al mondo gode di supporti e facilitazioni così colossali.

Inoltre il bilancio economico dell’energia nucleare si regge su un ulteriore inganno, gravissimo: quello di avere accantonato e rinviato sine die la gestione della “coda” del ciclo: residui radioattivi e smantellamento (decommissioning) dei reattori. In Gran Bretagna la previsione della spesa per chiudere il nucleare pregresso lievita continuamente, e finora ha raggiunto 100 miliardi di euro; in Francia la gestione futura del lascito dei programmi nucleari comporterà spese gigantesche; in Italia per la chiusura della nostra, sia pur limitata, eredità nucleare continuiamo a pagare centinaia di milioni all’anno nella bolletta elettrica, e continueremo per decenni (decine di miliardi!).

D’altra parte, il proclamato rilancio del nucleare esiste solo nella propaganda dell’industria e dei governi prezzolati: per ora è limitata a Cina (se non rivedrà i programmi dopo Fukushima), India, Sud Corea, staterelli arabi che galleggiano su un mare di petrolio, ma negli Usa vi è solo un nuovo reattore in costruzione (un secondo è stato cancellato), in Europa tre (ma la costruzione dell’EPR a Flamanville è stata sospesa).

Il complesso nucleare militare viene costantemente rinnovato e lautamente finanziato (nuove testate, nuovi vettori, nuovi sommergibili, nuovi sistemi satellitari, ecc.). La tecnologia nucleare civile invece è vecchia, le filiere commerciali di reattori sono le stesse degli anni ’50, non vi è stata nessuna innovazione sostanziale (i cosiddetti reattori “di quarta generazione”, innovativi non esistono e – se mai riusciranno a realizzarli – se ne parlerà verso la metà del secolo).

Le conseguenze e i rischi di questa tecnologia per il genere umano sono spaventosi.
Il nucleare militare è responsabile di molti gravissimi incidenti: varie testate perdute e non trovate; sommergibili nucleari affondati, vere bombe ambientali a orologeria sotto gli oceani. Anche se la responsabilità maggiore è di averci sottoposto al rischio di un olocausto, che ancora oggi perdura. Molte volte si è già sfiorata la guerra nucleare a causa di allarmi lanciati per errore. Nel 2007 un B-52 trasportò sul territorio degli Stati Uniti 6 testate nucleari, perché nella base di Minot i responsabili non se ne erano accorti; il 23 ottobre 2010 una centinaio di missili Minuteman III con testata nucleare rimasero per un’ora isolati, privi di comunicazione. Se la storia ufficiale registra l’esplosione delle sole bombe su Hiroshima e Nagasaki, la testimonianza di un reduce della Prima guerra del Golfo parlò dell’esplosione di una testata nucleare alla fine di quella guerra presso Bassora.

Per il nucleare civile alcuni dei maggiori crimini sono sotto i nostri occhi (Chernobyl, Fukushima), ma ve ne sono stati altri di cui l’opinione pubblica è stata tenuta all’oscuro: alcuni di essi, incidenti disastrosi in Urss, incendio in un reattore gas-grafite a Sellafield (Gran Bretagna) nel 1957 con imponente rilascio di isotopi radioattivi, fuoriuscite di decine o tonnellate di uranio e/o di plutonio negli impianti di Sellafield, di La Hague e Tricastin (Francia); e gli incidenti minori sono stati innumerevoli, spesso tenuti nascosti, o ammessi in ritardo (anche a Chernobyl l’allarme venne dopo tre giorni da rilevamenti di radioattività in Svezia), sempre garantendo i cittadini che le conseguenze ambientali e sanitarie erano irrilevanti.

Il fatto grave, e sempre più drammaticamente evidente, è (1) che si è generato un allarmante inquinamento radioattivo dell’atmosfera, dai test nucleari militari, dagli incidenti, dai rilasci ordinari di materiali radioattivo dalle centrali nucleari e dall’intero ciclo del combustibile nucleare; e (2) che è sempre più chiaro che l’esposizione continuata (ad esempio per chi vive nei pressi delle centrali) a dosi anche molto basse di radiazioni (soprattutto l’esposizione interna, per l’ingresso di radioisotopi nelle catene alimentari) provoca conseguenze gravissime alla salute, che si trasmettono alla progenie ancora nel grembo materno ed alle generazioni successive (effetti transgenerazionali). Si devono poi tenere presenti gli effetti sinergici di diversi inquinanti a cui siamo sottoposti (chimici, polveri sottili, onde elettromagnetiche, ecc.), che stanno minando alla radice la salute nostra e soprattutto delle future generazioni.

Non si possono tacere poi i traffici illeciti di scorie radioattive (insieme a quelle tossiche) da parte della malavita organizzata (ricordiamo le “navi dei veleni” affondate, l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin), nonché i rischi di sottrazione di materiali fissili di interesse militare (sono stati prodotti al mondo ben 1.600 tonnellate di plutonio, che non esiste in natura, e richiede 24.000 anni per ridursi alla metà).

Quali sono le prospettive della tecnologia nucleare? Del civile si è detto: è auspicabile che il disastro di Fikushima dia la spallata finale per la sua chiusura definitiva (che lascerà comunque il pesantissimo strascico delle scorie, dei materiali fissili militari, e del decommissioning per centinaia di anni). Il nucleare militare è forse più complesso: ci vorrà un impegno ancora maggiore per raggiungere il disarmo nucleare vero e definitivo. Il Nuovo Trattato Start tra Usa e Russia del 2010 ridurrà a 1.500 testate strategiche per parte gli arsenali di questi paesi per il 2017, ma il numero totale di testate nel mondo ascende ancora a ben 23.000 (tra queste, quelle degli altri paesi nucleari, e le testate tattiche).

Ma il problema principale è a mio avviso un altro. La nuova frontiera strategica dei sistemi di difesa antimissile configura un nuovo sistema offensivo estremamente pericoloso e destabilizzante, che sarà compatibile con un numero limitato di testate nucleari, delle quali dubito seriamente che gli Stati siano disposti a sbarazzarsi (ed altri rinuncino a dotarsi).

Un cenno brevissimo alla fusione nucleare. Essa è stata realizzata nelle testate termonucleari. La sua realizzazione a scopi energetici civili sembra, dopo 60 anni di promesse, sempre più lontana e irrealizzabile. Non è così invece così, forse, per inquietanti sviluppi militari: è entrata in funzione negli Usa, nel laboratorio militare di Los Alamos, la National Ignition Facility, un colossale impianto in cui 192 super-laser (ma in Francia è in costruzione Mégajoule, con 240 laser) dovrebbero provocare la fusione nucleare di un piccolissimo pellet di deuterio e trizio, che prefigurerebbe una micro esplosione termonucleare. Anche la fusione nucleare ha un primario obiettivo militare: le ricerche per scopi civili (Iter, in costruzione in Francia) costituiscono lo sperpero di decine di miliardi!

Si faccia attenzione al significato di questo dato. Di solito si afferma che l’energia nucleare sviluppa circa il 6% dell’energia totale prodotta nel mondo. Ma il rendimento energetico dei reattori nucleari rimane inchiodato da sempre a circa il 33%, e cioè dell’energia termica estratta dalla reazione a catena solo un terzo viene trasformata in energia elettrica, il resto si disperde nell’ambiente attraverso i sistemi di refrigerazione (che se non funzionano causano incidenti quali quelli di Fukushima). Ne segue che l’energia nucleare copre solo il 2% circa dell’energia totale consumata nel mondo.

La verità sul nucleare. Intervista a Luigi Sertorio

http://www.22passi.it/downloads/sertorio.pdf

Suicidio , istruzioni per l'uso

Esiste una pagina, su Wikipedia, che fornisce alcune informazioni sul sito di La Hague, "centro di riprocessamento situato nel Cotentin":

http://www.jp-petit.org/sauver_la_Terre/la_Hague_it.htm

Inganni e bugie radioattive Prof. Gianni Tamino* – tratto da “Terra e Aqua” gennaio-febbraio 2010

http://www.disinformazione.it/inganni_bugie_radioattive.htm

Essere contro il nucleare non significa essere a favore dell'energia fossile o del metano. Siamo per un rapporto completamente diverso tra società ed energia, che deve partire dalla riduzione dei consumi energetici attraverso l'eliminazione dello spreco e l'aumento dell'efficienza energetica.
Se non parte da qui, non c'è soluzione. Non c'è dubbio che l'esaurimento dei petrolio sia un problema, ma è un problema che hanno creato gli stessi che ora ci propongono il nucleare; quando denunciavamo l'assurdità di usare fonti non rinnovabili, ci rispondevano che tanto, prima o poi, si sarebbero trovate altre riserve, nuove fonti e si sarebbe risolto.

CHI VUOLE IL NUCLEARE CONFONDE ENERGIA ELETTRICA CON ENERGIA
L’energia elettrica è una piccola quota dell'energia che utilizziamo.
Quasi un terzo dell'energia importata serve per produrre l'energia elettrica, ma un terzo abbondante serve per riscaldare acqua, produrre calore che può essere prodotto in modo conveniente, senza usare fossili nè nucleare. Solo eliminando gli sprechi attuali nei consumi per far raffreddamento e riscaldamento delle case avremmo un risparmio di energia estremamente più elevato di quello che nei prossimi anni potrebbe darci, forse, il nucleare. Lo stesso vale per il sistema trasporti che è fra i più energivori.
La stragrande parte di energia non è elettrica, il nucleare affronta solo la questione elettrica (che è sul 15% come consumi finali, ma i suoi usi obbligati sono sul 12 %) che è una piccola quota dei problema.

NON E’ VERO CHE IL CICLO NUCLEARE NON PRODUCE CO2
Perchè alcuni anni fa addirittura in ambienti vicini all'ambiente si è cercato di dire che forse era meno peggio usare il nucleare? Il ragionamento era: siccome le fonti fossili, basate sulla combustione, producono CO2, aumentano l'effetto serra ed in questo momento i cambiamenti climatici sono un problema molto rilevante, usiamo il nucleare perché non produce CO2
Ma c'è un errore (a parte considerare solo l'energia elettrica): si considera la centrale isolata dal contesto (vale anche per le fonti rinnovabili), senza valutarne il ciclo di vita e il bilancio energetico.

Per capirci faccio un ragionamento sul solare, a cui siamo favorevoli ma di cui dobbiamo anche capire i limiti. I primi pannelli solari fotovoltaici erano sbagliati perché consumavano più energia di quanto ne producevano, perché l'obiettivo era garantire energia nei sistema dei satelliti: il fotovoltaico nasce come tecnologia spaziale. Che il satellite abbia energia è fondamentale, che questa sia ottenuta con più energia di quanto ne dà è irrilevante per chi vive dentro il satellite.
Oggi, pur con una ricerca insufficiente dei fotovoltaico, il bilancio è di 4 a 1, cioè consumo 1 di energia e ne ottengo 4, per cui siamo in buone condizioni, anche se siamo sotto l’eolico, che ne dà 20 a 1 e può molto migliorare.

IL CICLO DELL'URANIO
Vediamo ora quale è il bilancio dell'energia nucleare: dobbiamo partire dalla miniera ed arrivare all'eliminazione dei rifiuti, tenendo conto di tutti ì consumi di energia, gli impatti ambientali, sanitari e fare anche un conto economico.
Partiamo dalla miniera e ci rendiamo conto (basta pensare ai filmati sul Niger) di cosa sta succedendo alle popolazioni e alle foreste nigeriane per effetto delle miniere di uranio, quali sono i disastri sanitari cui sono esposti i lavoratori e le popolazioni. Cose simili sono accadute in Canada, dove peraltro si usavano tecnologie più avanzate. L’uranio si estrae dalle rocce frantumandole nelle miniere.

Qual è la percentuale di uranio che si estrae? Se siamo fortunati lo 0,1 %, perché le miniere più ricche si sono esaurite. Ma se andiamo sotto lo 0,05 secondo alcuni (o lo 0,02 per altri) l'energia necessaria per tutte le fasi d'estrazione è cosi alta che la produzione di energia elettrica della centrale non compensa l'energia usata nel ciclo estrattivo.
Inoltre è anche economicamente non conveniente. E' vero, di uranio ce n'è tanto; anche di oro ce n'è tantissimo, ma l'estrazione di oro dal mare è così costosa che nessuno la fa; lo stesso vale per l'uranio: bisogna vedere qual è la quantità energeticamente ed economicamente utilizzabile.

Oggi, sulla base dei dati in possesso, l'energia disponibile dall'uranio è meno della metà delle riserve di metano, che sono, più o meno, quanto le riserve di petrolio. Se usassimo oggi tutto l'uranio, l'esaurimento energetico arriverebbe in tempi più brevi che con il petrolio o il metano. Va aggiunto che il valore di energia disponibile dall'uranio è meno della metà di un millesimo dell'energia che in un solo anno ci manda il sole.
Il sole ci manda energia tale che, se riuscissimo ad utilizzarla per un millesimo, avremmo in un anno due volte tutta l'energia che da qui al suo esaurimento può provenire dall'uranio. Se usassimo l'uranio come unica fonte per le esigenze energetiche dei mondo si coprirebbe, come tempo, un anno e mezzo. Mentre se usassimo l'energia solare, in un anno copriremmo le esigenze energetiche dei mondo per oltre tre anni, e ne avremmo ancora, per altri 4 miliardi di anni...

Ovvio che nessuno pretende di usare l'energia solare al 100% altrimenti la sottrarremmo alle piante. Ma la parte che utilizzano le piante dell'energia solare che arriva è tra l'uno per mille e l'uno per cento!
Se noi usassimo l'uno per mille, avremmo più energia rispetto ai consumi attuali (che dobbiamo ampiamente diminuire perchè lo spreco è alto).
E' insufficiente la ricerca rispetto ad un utilizzo dei solare, ma pensare che il solare sia insufficiente, quando, in un solo anno, è enormemente di più di tutte le altre fonti insieme, è pazzesco.

NUCLEARE "CIVILE" E MILITARE
Va aggiunto che l'uranio da utilizzare è l'uranio 235, che è lo 0,7 % dei totale dell'uranio che si estrae e per usarlo devono utilizzare quelle "centrifughe" che ci mostrano spesso, quando denunciano il "pericolo iraniano”. Altri paesi l'avevano fatto ampiamente e si sono muniti della bomba atomica come Israele, Sudafrica, India e Pakistan.
Anche l'Iraq l'avrebbe fatto e l'Italia aveva già iniziato a mandargli i materiali negli anni Ottanta poi, Israele, che aveva fatto la stessa cosa, si è messo di mezzo. Questo per ricordare che l'energia nucleare "civile" è un sottoprodotto di quella militare.
L'Italia ha accettato, con il trattato di non proliferazione, di non produrre il combustibile, dunque siamo totalmente dipendenti dall'estero per il combustibile attivo, il che vuoi dire che, se non dipendiamo più, per esempio, dallo sceicco o dal russo per il metano, dipendiamo da chi arricchisce l'uranio. Dunque nessuna autonomia.
Torniamo alla roccia, allo 0,7 %, col problema dell'arricchimento; va aggiunto il problema del trasferimento dell'uranio e dei passaggio fino alla centrale.
La centrale deve essere costruita e consuma energia e se non dura almeno i 35 anni previsti non tornano i conti.

IL REFERENDUM E’ ARRIVATO A NUCLEARE GIA’ FALLITO
Dicono che è colpa dei referendum dei 1987 se sì è persa una quantità enorme di energia. Ma nel 1986 la centrale di Caorso era già chiusa, non era in grado di funzionare, la centrale dei Garigliano non era mai entrata in funzione, ma ha consumato un sacco di energia producendo un sacco di radioattività nella zona. Di fatto con il referendum abbiamo sancito il fallimento dell'avventura nucleare italiana che ha consumato più energia di quella prodotta.
Inoltre abbiamo collaborato con la Francia per il Superphoenix, che è stato un fallimento e costruito il Pec del Brasimone e l’impianto di Latina: potete capire lo spreco che abbiamo fatto e riproporre oggi un avventura dei genere vuoi dire ignorare il fallimento italiano. Abbiamo chiuso un sistema antieconomico e non abbiamo perso alcuna opportunità.

IL FALSO RISPARMIO DEL NUCLEARE
La centrale nucleare ha costì enormi e tempi lunghissimi. Per la centrale in costruzione in Finlandia i tempi si stanno dilatando e i costi stanno più che raddoppiando. In ogni caso sono tempi e costi ben più ampi di quelli annunciati dal governo italiano. Se non ci riescono i finlandesi, non si capisce come dovrebbe riuscirci il governo italiano, che ha già fallito.
Se si valutano i costi reali di una centrale si vede che anche il mito dei risparmio dei nucleare è una falsità. Se la centrale non dura 35 anni è un fallimento e dobbiamo aggiungere i costi dello smantellamento. L’unico esempio di smantellamento è in America ed è costato il doppio della costruzione: i lavoratori che devono smantellare un impianto così pericoloso devono fare in fretta, lavorare una giornata e poi avere ampi periodi di sosta per cercare di tutelare la loro salute. L’UE, per smantellare una centrale in Lituania ha previsto costi doppi della costruzione.

SE E’ COSI’ ANTIECONOMICO PERCHE' VIENE PROPOSTO?
A parte alcuni che vogliono costruirsi una bomba o che vogliono sostituire impianti esistenti - vedi la Francia - nel mondo oggi nessuno propone più il nucleare. La Germania ha scelto che le centrali che sì esauriscono non vengano sostituite. In Asia è stata annunciata, a gennaio, la decisione di chiudere in anticipo una centrale perché non aveva senso continuare a mantenerla attiva, e non si è deciso la costruzione di nuovi impiantì. Quindi in Europa, salvo la Finlandia e una ipotesi in Francia, non si sta assistendo a nessuna scelta di questo tipo. In America non si stanno proponendo nuove centrali dal 1979.

Quelle che sono state costruite erano già in programma; Bush aveva provato a dare degli incentivi a chi voleva costruirne, nessuno li ha chiesti e Obama li ha eliminati ricordando i costi enormi dei deposito dei rifiuti nucleari. Nessuno al mondo ne ha mai realizzati. Gli unici al mondo che ci stanno provando sono gli Stati Uniti con enormi difficoltà, pur avendo deserti e luoghi molto più idonei dei nostri. Alle condizioni attuali, l'uranio, per alimentare le centrali esistenti, durerà meno di petrolio e metano e, se costruiamo centrali in più, si esaurirà ancora prima.
Dal punto di vista energetico, il bilancio è negativo: quanto costa tenere, per migliaia di anni, i depositi di rifiuti? C'è un enorme consumo di energia non elettrica (che oggi è fossile) in tutte le fasi (dall'estrazione nelle miniere, allo smantellamento delle centrali) e il deposito scorie.
Perciò, che il nucleare riduca l'emissione di CO2, vale per la centrale, ma se si valutano tutta l'energia utilizzata, dalla miniera al deposito dei rifiuti, non si può certo dire che una centrale nucleare produce il 50% in meno di emissioni di una centrale a fossili. Più il tenore in uranio nelle rocce diminuisce e aumentano i sistemi di sicurezza, la produzione di CO2 si avvicina a quella di una centrale classica.
Se oggi decido una centrale nucleare, ci vogliono dai 12 ai 15 anni come minino perché entri in funzione (non siamo certo più bravi degli altri) e, in tutta questa fase, usiamo energia fossile che aumenta la CO 2. L’emissione di CO2 eventualmente risparmiata, ci sarà non prima di 35 anni, ma il problema dei cambiamenti climatici deve essere risolto molto prima.

L'AFFARE NUCLEARE ALL'EST
Costruire centrali oggi sarebbe un fallimento economico, sanitario, energetico e dal punto di vista delle emissioni di CO2. Allora perché qualcuno propone di farlo? L'Enel possiede più di 6 centrali nucleari: 2 in Slovacchia, 4 in Spagna e una partecipazione in Francia. L’accordo tra Francia e Italia è una sorta di pour-parler tra due capi di stato per fare gli interessi di due aziende private. li vero business è realizzarne qualcuna anche in Italia, ma soprattutto nuove centrali nei paesi dell'Est in sostituzione delle vecchie centrali tipo Cernobyl,come quelle dell'Enel in Slovacchia e altre nuove centrali per Serbia e Albania: lì non hanno nessun tipo di controllo, mancano le strutture idonee. Realizzarlo lì è follia totale. Ci dobbiamo opporre alle centr-ali nucleari dovunque, non solo nel nostro territorio.

A CERNOBYL NON E’ FINITA
Il problema di Cernobyl andrà avanti per decenni perché non è certo risolto. Avete visto i bambini che giungono da quei luoghi e sappiamo le migliaia di morti: la AIEA, che è pro-nucleare, conferma che finora 1800 bambini sono stati colpiti da cancro alla tiroide). La centrale sta sprofondando e rischia di creare disastri ben maggiori, il sarcofago entro 190 anni non terrà più, dovrà essere fatto qualcos'altro, ma i costi sono pazzeschi e nessuno vuote intervenire.

I "NORMALI" INCIDENTI IN FRANCIA
Ma parliamo anche della normale attività: ricorderete l’incidente in Francia l'anno scorso a Tricastin. Io ero casualmente là e l'impresa francese disse non era successo niente, in realtà si trattava di una quantità enorme di acqua contaminata da uranio radioattivo: dopo 20 giorni l'Ente di controllo francese ha chiuso l'impianto. Noi dovremmo costruire con una società che nega i pericoli di fronte all'evidenza.

IN QUALI SITI?
Per essere raffreddata, una centrale nucleare da 1.600 megawatt ha un bisogno d'acqua enormemente maggiore di un centrale termoelettrica. Con la siccità dei 2008 bisognava decidere se usare l'acqua per le centrali idroelettriche o per l'agricoltura.
Se ci fossero state centrali nucleari sul Po, avremmo dovuto chiuderle, con un costo economico e un rischio ambientale enormi: le operazioni più rilevanti per una centrale nucleare sono spegnere e accendere. Una persona che non sia folle non proporrebbe mai di costruire una centrale nucleare in un posto con tali potenziali condizioni di siccità. In Italia probabilmente le centrali si possono costruire solo sul mare; vedo solo o il delta Po o sul mare, tipo Montalto (sito già approvato).

LA FRANCIA SVENDE L'ENERGIA
I filo-nucleari dicono che abbiamo un costo dell'energia elettrica molto più alta dei francesi; è sia vero che falso. Il costo dell'energia elettrica italiana è dovuto all'inadeguatezza dei nostro sistema elettrico in particolare delle nostre linee: abbiamo linee che hanno uno spreco del 12, 13 % nel trasferimento dell'energia elettrica. Importiamo energia elettrica dalla Francia perchè le centrali nucleari sono "rigide" producono energia anche quando non serve; perciò di notte ce la vendono sotto-costo. Il cosiddetto basso costo dei nucleare francese è un sottoprodotto dei nucleare militare, la "force de frappe" voluta dal gen. De Gaulle.
L'Italia, con i bacini idroelettrici, ha maggiore flessibilità, possiamo modulare la produzione, e ci conviene importare l'energia elettrica quando è "buttata via”.
Non si dice però che anche noi esportiamo energia elettrica alla Francia. L'Italia ha una potenza superiore al consumo di punta, ed è in grado di fronteggiare la domanda. La Francia invece produce molta energia elettrica ma è vulnerabile nel picco. la Francia ha imposto a molte aziende il riscaldamento con energia elettrica e, in un inverno freddo come quest'anno, non è stata in grado di coprire il suo fabbisogno, sono intervenute Germania e Italia.

* Gianni Tamino, docente di Biologia all’Università di Padova E' stato membro della Camera dei Deputati e membro del Parlamento Europeo dal 1995 al 1999, dove ha seguito in particolare la Normativa Comunitaria in tema di Biotecnologie. Membro del Gruppo di lavoro del Ministero delle politiche agricole sugli OGM.

domenica 2 gennaio 2011

Le scorie umane del nucleare "alla francese"

http://www.globalproject.info/it/community/Le-scorie-umane-del-nucleare-alla-francese/4353


Le scorie umane del nucleare “alla francese”

di Di Tommaso Basevi
24 / 3 / 2010

Li chiamano “ jumpers “: i saltatori. Oppure i “nomadi del nucleare”.

Sono lavoratori senza fissa dimora, che percorrono la Francia inseguendo una chiamata. Dormono in campi roulottes alle porte delle centrali nucleari, pronti a intervenire per i lavori più rischiosi: manutenzione idraulica, meccanica, pulizia dei macchinari ad alto tasso di radioattività.

Per 50 anni nessuno si è mai interessato a loro. Invisibili. Fagocitati dal silenzio, aspirati dal reattore. Oggi le loro voci cominciano a farsi sentire provocando fissure che alzano il velo su una contaminazione nascosta e su tante menzogne propagandate come verità scientifiche.

Un documentario (“R.A.S - Nucléaire. Rien à signaler” di Alain de Halleux, distribuito da Iota Production e Crescendo films) alcuni romanzi “sociali” di cui uno, “La Centrale” (Elisabeth Filhol, edizioni P.O.L) che, a sorpresa, ha scalato le classifiche delle vendite Oltralpe e che sarà prossimamente tradotto anche in italiano.

La storia dei 22 mila lavoratori “precari” del nucleare d’Oltralpe rischia di incrinare le granitiche certezze e i segreti racchiusi nei perimetri invalicabili dei 19 siti nucleari francesi e nei caveaux dei grandi gruppi che gestiscono il business dell’atomo. “Improvvisamente questa gente si è messa a parlare.

Lo spirito di corpo ha smesso di funzionare. Prima molti di loro si sentivano comunque parte di una “grande famiglia”, quella dell’industria nucleare, fiore all’occhiello di un intero paese. Il fatto che abbiano cominciato a vuotare il sacco è il segnale che la situazione è veramente grave” avverte de Halleux. “Fino agli anni 90 il nucleare civile in Francia era legato a una nozione di servizio pubblico. Alla base c’era un’idea di per sé “generosa”: quella di fornire energia a basso prezzo a tutti i cittadini.

La privatizzazione parziale di EDF ha cambiato completamente lo scenario. L’imperativo ora é fare soldi e farli in fretta anche a scapito della sicurezza” aggiunge la sociologa del lavoro Annie Thébaud-Mory. Il libro “La Centrale” è una sorta di Germinal dei tempi dell’atomo. Racconta la storia di Yann, 25 anni, un “jumpers”, un “palombaro” assunto con “contratti a termine” attraverso le agenzie interinali che come funghi proliferano nei villaggi delle zone vicine alle centrali e che forniscono manodopera a buon mercato ai colossi del settore come Areva (che detiene di fatto il monopolio della costruzione degli impianti) e EDF il gigante dell’energia che ora deve fare i conti con la concorrenza della privatizzata GDF-Suez. Come i suoi compagni Yann deve “tuffarsi” nel generatore di vapore che alimenta il reattore e che a intervalli regolari va revisionato (ma il sistema dei subappalti ha tra le tante nefaste conseguenze quella di aver reso più laschi i controlli e ridotto al minimo i tempi degli arresti di produzione).

Un’operazione lampo che deve durare non più di 120 secondi pena un sovrairradiamento che lo costringerebbe a restare in quarantena e a perdere quindi parte del suo salario. Confrontato alla defezione di uno dei suoi colleghi “paralizzato” dalla paura che lo ha colto al momento del “tuffo” scopre quello che si era sempre impedito di scoprire.

Il nucleare uccide e i jumpers più che atleti che flirtano col rischio sono “carne a neutroni” “corpi in affitto”, “lavoratori che per campare vendono la propria dose di 20 millesivert”, il massimo di irradiamento annuale consentito per legge, in cambio di un salario che si aggira tra i 1200 e i 1500 euro mensili. Pierre Lambert, scafandrista, ricorda il suo primo giorno di lavoro nella centrale di Chaux: “Mi hanno chiamato la sera prima dicendo di presentarmi in centrale per un intervento urgente. Assieme a un collega ci siamo trovati ai bordi di una splendida piscina color blu cobalto. Ci siamo immersi.

Quando siamo usciti dalla vasca di raffreddamento il sistema d’allarme ha suonato. Mi hanno detto che ero contaminato e che rischiavo una leucemia. Li per li non senti niente e speri di essertela cavata. Poi a poco a poco gli immunosoppressori attaccano i tuoi muscoli e ti ritrovi senza più la forza di reggerti in piedi. Sul volto compaiono delle ecchimosi, ti guardi allo specchio e assomigli a un mostro. Io ho citato EDF in giudizio. Mi hanno risposto che per gli incidenti sul lavoro in campo nucleare dopo 10 anni scatta la prescrizione” 10 anni: il tempo di incubare la malattia e di occultare le cause che l’hanno provocata. Pensare che il caso di Pierre rientri nelle statistiche riguardanti gli incidenti sul lavoro rimediati nel settore del nucleare è illusorio.

Perchè ai termini di legge i salariati delle imprese subappaltanti di Areva e EDF non sono considerati lavoratori del nucleare. Sono esclusi dal conteggio. I dati esistenti riguardano soltanto il personale interno (i dipendenti di Areva o EDF) che, grazie alla liberalizzazione degli ultimi anni, spiega Annie Thébaud-Mony “sta ormai in cima alla scala gerarchica.

Il “lavoro sporco” lo fanno i nomadi. Solo loro che incassano l’80% della dose collettiva annuale di radiazioni ionizzanti prodotte dal parco nucleare francese” “Quando ho cominciato a fare questo lavoro – racconta Jean Marc Pirotton – il mio capo mi parlava di rischio zero. Le centrali venivano definite ultrasicure. Poi hanno lasciato perdere il rischio zero ed hanno cominciato a parlarmi di rischio calcolato”. Oggi la dottrina della radioprotezione che viene divulgata negli stages impartiti al personale si fonda sul principio ALARA, un acronimo derivato dall’inglese (as low as reasonably acceptable) che lascia margini “interpretativi” importanti. Il livello massimo di radiazioni ionizzanti fino al 2003 era fissato a 50 millesivert annuali per i lavoratori del nucleare e di 5 millesivert per la popolazione (una dose calcolata sulla base delle osservazioni degli effetti della bomba atomica osservati sugli abitanti di Hiroshima e Nagasaki).

Questo livello in seguito è stato rivisto al ribasso su pressione degli organismi internazionali ma nel contempo è stato spalmato in maniera diseguale lungo la linea gerarchica interna. La “dose” radioattiva “accettabile” per un pulitore di una ditta subappaltante è di fatto più elevata di quella di un tecnico specializzato di EDF. A lanciare l’allarme non sono solo gli antinuclearisti irriducibili o qualche associazione di scienziati “fuori dal coro” (vedere http://www.criirad.org e http://www.global-chance.org) Marcel Boiteux ex direttore generale di EDF ammette che “ormai si è oltrepassato il segno.

Il fenomeno dei subappalti è diventato una mania. Il rischio è quello di una perdita del controllo sulla catena produttiva e di un impoverimento delle competenze e della professionalità che un giorno potrebbe portare al disastro”. La casta tecnocratica che pianifica lo sviluppo di un settore chiave come quello del nucleare esercita una forte pressione non solo sulle ditte che per accaparrarsi commesse tendono a tagliare i costi ma anche sui propri dipendenti. Chi non rispetta la regola del silenzio rischia grosso. E’ il caso di Serge Serre, tecnico EDF con 30 anni di esperienza alle spalle, che dopo aver denunciato alla direzione i tagli degli effettivi alla centrale di Cruas e i conseguenti rischi per la sicurezza è stato licenziato in tronco.

Trattato come un rompiballe, troppo zelante ed allarmista. Serge oggi ha perso il suo status e lavora a chiamata. E’ stato uno degli animatori del blocco della centrale che nel 2008 ha costretto la direzione al reintegro di alcune decine di persone rimaste a spasso dopo un repentino cambio di appalto.

Molti altri suoi colleghi pero’ hanno deciso di abbandonare questa lotta impari. “Ho preferito andarmene – racconta il radiologo Christian Ugolini - la gestione delle centrali oggi si basa esclusivamente sul ricatto e la paura. Prima chi sbagliava ammetteva il proprio errore, lo comunicava alla direzione e ai colleghi per porvi rimedio . Ora sta zitto nel timore di venire allontanato. E’ una dinamica molto pericolosa”. Ricordate l’epidemia di suicidi causati dal mobbing iperproduttivista a France Telecom? Ebbene non si trattava di un caso isolato. Le centrali nucleari hanno anch’esse le loro “scorie umane”. “Ho tentato di farla finita gettandomi nel Rodano con una pietra al collo – racconta Jean Luc Lacroix istruttore in radioprotezione - mi hanno salvato ma 13 miei colleghi invece si sono tolti la vita per davvero. L’ultimo si è suicidato qualche settimana fa lanciandosi giu’ da una scogliera in Normandia”. “Forse per rimettere in discussione l’intero sistema dovremo aspettare una nuova Chernobyl” osserva un delegato sindacale della CGT. José Andrade, un suo collega, è più cauto. “Anche un incidente grave non servirebbe: proverano comunque ad addossare la responsabilità agli anelli più deboli della catena”. I fatti sembrano dargli ragione: è l’Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare a repertoriare un totale di 10786 incidenti “significativi” prodottisi nelle centrali francesi tra il 1986 e il 2006.

Nel luglio del 2008 sul sito di Tricastin prima venne registrata una fuoriuscita di materiale radioattivo che si ando’ a riversare nelle acque del Rodano. Poi una panne alla condotta di uno dei reattori provoco’ la contaminazione di un centinaio di lavoratori. Ma l’incidente è stato presto dimenticato. EDF, AREVA e GDF-Suez avevano preoccupazioni più urgenti. Lanciate alla conquista del mercato globale stanno caparbiamente cercando di “piazzare” i reattori EPR di “nuova” generazione in paesi compiacenti (vedi Italia). I flop e i costi esorbitanti già inanellati in questi anni non bastano a fermarli.

A chi ora continua a progettare“affari” citando il modello francese come luminoso esempio di sviluppo risponde Philippe Billard decontaminatore “contaminato” e lucidamente pessimista: “faremo la stesse fine di quelli dell’amianto. E non potremo chiedere il conto a nessuno perche le contromisure sono già state prese: hanno subappaltato tutto, rischi e responsabilità”. L’Enel e il governo Berlusconi sono pronti a seguire la stessa strada.

Con le aggravanti tipiche del nostro paese purtroppo facili da intuire.

Pillole allo iodio

http://www.pressante.com/ambiente-e-salute/1442-pillole-allo-iodio.html


Scritto da Alessandro Iacuelli
Venerdì 19 Giugno 2009 00:00
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A partire da oggi ha preso il via in Francia la distribuzione di pastiglie di iodio nelle aree intorno alle centrali nucleari. "La campagna di distribuzione delle compresse di iodio si rivolge a tutte le persone che vivono in un perimetro di 10 chilometri intorno ad una centrale nucleare", è scritto in un comunicato sul sito ufficiale della campagna, che è www.distribution-iode.com.

Il comunicato continua così (scusate qualche errore di traduzione, ma non sono un professionista della lingua francese): "In pratica riguarda circa 400.000 abitazioni e 2000 edifici pubblici ripartiti in circa 500 comuni. Le scatole delle compresse sono da ritirare nelle farmacie situate in queste zone. Si tratta di un'azione di prevenzione, che si inscrive all'interno di un insieme di azioni di protezione quali la messa al riparo della popolazione, l’evacuazione o le restrizioni alimentari. La distribuzione di iodio... è rinnovata regolarmente, la data di produzione delle compresse permettono di controllare la loro validità. Le compresse di ioduro di potassio utilizzate per la campagna 2009 sono dosate a 65 mg, rimpiazzando quelle a 130 mg utilizzate durante la campagna precedente. Questo cambiamento di dosaggio implica una modifica della posologia e facilita l'uso del medicinale per i bambini e le donne che allattano".

La nuova campagna di distribuzione di iodio è organizzata dall'Autorité de sûreté nucléaire e dai ministeri degli interni e della sanità, con la partecipazione del gigante nucleare Edf, dell’Ordine e dei sindacati dei farmacisti francesi e dell’association nationale des commissions locales d’information. "Il suo obiettivo", spiegano gli organizzatori, "é quello di rendere I cittadini protagonisti della loro protezione in caso di incidente nucleare dando loro dei messaggi chiari: in caso di incidente nucleare, l'ingestione delle compresse di iodio stabile è un modo semplice ed efficace per proteggere la tiroide contro gli effetti dello iodio radioattivo; la protezione dei giovani di meno di 18 anni e le donne anziane è prioritaria, essendo i più sensibili alle fuoriuscite di iodio radioattivo; l'ingestione di iodio stabile deve essere combinata ad altre azioni di protezione".

Ovviamente non dicono che dietro c'è il fatto che solo nel 2008 hanno avuto, sparso su tutto il territorio, almeno 20 incidenti nucleari, ma questo è solo un dettaglio.

Fatto sta, che il fatto di dover prendere pastiglie di iodio è leggermente inquietante, o sono io che esagero? Fatto sta che la rete di associazioni Sortir du nucléaire scrive: "Queste distribuzioni, così come le simulazioni di incidenti nucleari organizzate intorno alle centrali, sono delle vere e proprie prese in giro. Ovviamente, il vero obiettivo delle autorità è quello di fare in modo che le persone accettino la possibilità, altrimenti intollerabile, di una catastrofe nucleare. In caso di incidente nucleare le pastiglie di iodio non salveranno nessuno: una nube del tipo Chernobyl comprende decine di elementi radioattivi e non solo lo iodio. Ora, non esistono delle pastiglie contro gli altri elementi. Con queste distribuzioni ed altri esercizi ridicoli, le autorità ammettono, tuttavia, che il peggio è possibile e che può verificarsi una tragedia equivalente a Chernobyl. Ma le autorità non forniscono le risposte alle domande davvero fondamentali: In caso di dramma nucleare, che fare degli abitanti della regione interessata? Come evacuare centinaia di migliaia di persone? Dove evacuarle? Per quanto tempo? Il perimetro di qualche chilometro riguardante le attività ufficiali e le distribuzioni di pastiglie di iodio è proprio ridicolo".


Per gli antinuclearisti francesi le compresse sono in realtà un placebo politico preventivo.
"Il nucleare", dice ancora Sortir du nucléaire, "è un rischio non paragonabile a tutti gli altri. La sola maniera per proteggersi contro questo rischio è di chiudere al più presto tutti gli impianti nucleari, militari o civili, e non di organizzare delle derisorie esercitazioni e delle distribuzioni di pasticche che non salveranno nessuno in una situazione reale".

Teoricamente potrei anche essere d'accordo, ma purtroppo l'avere una cultura scientifica di base mi impone, a livello personale, che la sola chiusura degli impianti non basta, se poi non si trova (e non si può trovare) dove mettere i combustibili nucleari, irraggiati e non irraggiati, già divenuti scorie o ancora sfruttabili. Nel frattempo, attendiamo che anche da noi vengano a darci le pasticche.

Energia nucleare in Francia

http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_nucleare_in_Francia